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Nel gran teatro di Roma papale, tra suggestivi bagliori di tramonto, la multiforme commedia umana, scandita nelle magistrali strutture di oltre milletrecento sonetti, pullula di vita plebea. Per osservare le cose del mondo con l'occhio del suo popolo e assumerne in toto l'autentica voce e la parlata "abietta e buffona", il Belli dei salotti e delle dotte accademie dovette "farsi un'anima nuova". La frequente immagine del Carnevale ci introduce qui alla "condizione carnevalesca" nell'accezione antropologica più ampia: quella dell'esplosione vitale, della festa, della trasgressione. L'immagine della Quaresima evoca i risvolti amari del realismo "creaturale" di un poeta dal temperamento malinconico, assillato dal pensiero della morte. Incontri coi testi, chiavi di lettura, connessioni, tendono a far emergere dal libro un Belli sempre più estraneo a ipoteche e fruizioni provinciali: un classico di prima grandezza.